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inSinodo. Giuseppe Savagnone: “La vera sfida è quella dell’umanità”

Il sinodo: sarà un percorso rischioso? A questa domanda ha risposto il relatore, prof. Giuseppe Savagnone,  nel secondo incontro di preparazione al sinodo apertosi ad ottobre in tutte le nostre Parrocchie.

Il prof. Savagnone  si è soffermato sulle difficoltà di questo cammino nel momento storico in cui viviamo e, in particolare, sui pericoli, visti come venti che alimentano la tempesta, che possono causare il naufragio della barca sulla quale suor Nathalie Becquart, nell’incontro precedente, ci invitava a salire. Ecco la sfida: saprà la Chiesa rimettere in discussione se stessa?

Di certo quella del sinodo sarà una strada da percorrere tutti insieme: clero, laici, battezzati e non; sarà un cammino da fare tutti insieme e non a cuor leggero, ma con la piena consapevolezza delle difficoltà da considerare e da affrontare.

Intanto bisogna partire con la voglia di promuovere un vero cambiamento nel modo di vivere la nostra umanità, oltre la propria cristianità: trattasi di una nuova conversione personale e comunitaria capace di farci guardare la realtà quotidiana con gli occhi di Dio, vale a dire in modo più spirituale, contro la tendenza dominante del vivere senza Dio.

Prima di intraprendere il viaggio dobbiamo interrogarci sul nostro attuale ruolo nella comunità in cui viviamo e farci un vero esame di coscienza. Gli interrogativi pressanti sono: Stiamo camminando insieme nella Chiesa di oggi? Quali difficoltà abbiamo incontrato? Quali sono le prospettive da cambiare e quali da confermare?

Sappiamo che per procedere sulla strada cristiana del Sinodo dobbiamo raggiungere  tre tappe essenziali: quella della Comunione, della Partecipazione e della Missione: se non le conseguiremo tutte non arriveremo alla meta.

La Comunione ci fa procedere insieme, con il supporto della meditazione delle Sacre Scritture, della Liturgia della Parola nonché della Preghiera per sentire la voce dello Spirito Santo che così irrompe nella nostra vita e ci aiuta nel cammino. La Partecipazione ci spinge a metterci in gioco, a prenderci le nostre responsabilità in comunità: non si può camminare con altri senza considerarli parte di sé, ossia fratelli in fede. La Missione ci induce a camminare indossando sempre i panni della santità sia in famiglia che in comunità, sia sul lavoro che in società, per vivere ovunque l’essenza della nostra fede.

Purtroppo spesso tanti cristiani solo fedeli  in chiesa e profani fuori da essa: manca talvolta la coerenza di comportamento.

Questa incoerenza caratterizza i pericoli che ostacolano il percorso sulla strada cristiana: trattasi dei venti che alimentano la tempesta che non permette la serena navigazione della barca in mezzo al mare. Essi sono il formalismo, l’intellettualismo e l’immobilismo. Contro questi venti pericolosi dobbiamo lottare se vogliamo arrivare al traguardo.

Come farlo? Dobbiamo necessariamente mettere in discussione il passato per rileggerlo e adeguarlo al presente in prospettiva di  un futuro più coerente allo stile di vita umana e cristiana, senza paura e senza remore.

Ora, più che mai, dobbiamo attivarci per rinnovarci condividendo il pensiero di Karl Rahner che in occasione del Concilio Vaticano II, disse: “Amo il rischio perché il rischio è più sicuro”.

Si, il rischio di questa nuova sfida, promossa da Papa Francesco, è più sicuro del relativismo storico dei nostri giorni che sta portando alla sfiducia totale negli uomini, valutati incapaci di farsi domande e considerati come “merce” da usare a proprio piacimento cosicché essi da esseri pensanti, perché dotati di intelligenza, sono ridotti a esseri consumanti.

Questa corrente di pensiero sta rafforzando, sempre più prepotentemente, il paradigma finanziario che vede la supremazia del più forte sul debole.

Quindi, occorre invertire questa sciagurata tendenza dando più spazio all’ascolto, al dialogo e alla formazione cristiana.

L’ascolto ci serve per comprendere i nuovi bisogni di questa nostra complessa società e per sentire chi è lontano, chi è isolato, chi vive in periferia; il dialogo ci sostiene nella comunicazione, ci facilita la relazione  e ci permette di capire meglio il nostro interlocutore in quanto ci pone sullo stesso piano, al di là dei ruoli che si ricoprono nella società, e, infine, la formazione cristiana ci aiuta a confrontarci, in modo libero e costruttivo, per favorire l’arricchimento personale e la crescita comunitaria, combattendo incoerenze, tradizionalismi, convenzionalismi e intellettualismi.

Questo in definitiva è quanto ci chiede Papa Francesco con il sinodo: metterci in discussione e in ascolto per vivere pienamente la sinodalità.

Quest’invito è rivolto dal Papa a tutto il popolo di Dio, senza esclusione di nessuno: ognuno di noi deve mettersi in cammino… ognuno deve salire su questa barca e remare insieme agli altri per permetterle di arrivare in porto.

Da questo dipenderà la riuscita o il fallimento di questo sinodo.

a cura di Anna Guarracino