Sabato prossimo, 29 gennaio, gli uffici e i servizi di curia si incontrano a Vico Equense con l’Arcivescovo per una mattinata sinodale di preghiera e ascolto.
A partire dagli stimoli del Documento preparatorio e del Vademecum, come delle schede esemplificative per il percorso di consultazione sinodale del cammino della Chiese in Italia, anche ai responsabili degli uffici e servizi di curia viene chiesto un coinvolgimento maggiore perché si attivi una riflessione “integrale” sulla dimensione pastorale. Non si tratterà dunque di un corso di formazione, ma un incontro che ha l’intento di ritessere legami attraverso la preghiera e la costituzione di gruppi che non saranno di lavoro, né di dibattito, ma avranno l’attenzione sull’ascolto.
Se spesso, in ogni agire pastorale, la tendenza è quella di concentrarsi sul livello del problem solving che porta a mettere in atto cambiamenti funzionali, legati ai ruoli, alle risorse, alle strutture, alla gestione dell’esistente, senza toccare in profondità il senso dell’agire, l’ascolto sinodale ci chiede attenzione prima ancora che sul “cosa fare”, sul “come” e sul “perchè”, sul senso stesso dell’essere Chiesa e a servizio dell’azione evangelizzatrice.
Ascoltarsi per avviare un processo. Questo termine viene spesso richiamato da papa Francesco che nell’esortazione apostolica Evangelii Gaudium scrive: “Dare priorità allo spazio porta a diventar matti per risolvere tutto nel momento presente, per tentare di prendere possesso di tutti gli spazi di potere e di autoaffermazione. Significa cristallizzare i processi e pretendere di fermarli. Dare priorità al tempo significa occuparsi di iniziare processi più che di possedere spazi” (Evangelii Gaudium, 223). L’avvio di un processo si attua nella presa di coscienza di essere di fronte ad un tempo opportuno (kairos) che apre a nuove possibilità per l’azione pastorale e diviene la via per mettere in atto un cambiamento creativo. Adagiarsi sul “si è sempre fatto così” è tradimento della missionarietà.
È evidente, infatti, “un cambiamento d’epoca” in cui il contesto o, meglio, i contesti mutano velocemente, tracciando passaggi discontinui e non lineari come in passato. L’azione pastorale richiede una conversione che sposti l’asse da una visione parcellizzata o settorializzata a un approccio “integrale”: il modello è quello della rete dove non c’è un’esclusività ma una condivisione di intenti e obiettivi che sappiano guardare all’esperienza umana nella sua interezza. Ecco, allora, che l’approccio sinodale può favorire un discernimento comunitario sull’agire pastorale, per cogliere e leggere i segni dei tempi e dei luoghi, per ripensare le nostre prassi pastorali nell’oggi e in queste nostra diocesi. Come ci dice il Papa nella “Christus vivit” discernimento è ciò che ci permette di riconoscere, e interpretare la realtà, per ridefinire così il nostro agire.